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Inaffondabili

POTËMKIN: ma chi cacchio era?

La corazzata Potëmkin è una cagata pazzesca” urla un esasperato Paolo Villaggio ne Il secondo tragico Fantozzi. E consegna alla memoria pop collettiva un tormentone che, dal 1976, ci accompagna ancora.

In realtà il giudizio impietoso è sbagliatissimo, prima di tutto perché la celebre pellicola russa del 1925 dura 70 minuti e non 4 ore, e poi perché è straordinariamente dinamica per quei tempi e racconta una storia appassionata di ribellione, guerra, battaglia, morte, spari e repressione.
Non ultimo, perché segna la storia del cinema con una scena, la carrozzina che precipita lungo la scalinata durante della strage della popolazione di Odessa che solidarizzava con i marinai ammutinati, tra le più citate (cfr Gli Intoccabili di Martin Scorsese).

Una storia tornata brutalmente attuale da quando lo zar Putin ha attaccato l’Ucraina.

Ed è di pochi giorni fa la notizia, resa nota dallo scrittore e russista Paolo Nori,  che la Leiden University in Olanda ha cancellato la prevista proiezione del capolavoro di Sergej Eizenštein per evitare polemiche legate al conflitto in atto. 

La storia della corazzata e dell’ammutinamento che diede il via alla prima rivoluzione russa del 1905, è in realtà complessa e interessante. Molti dei marinai implicati nell’ammutinamento parteciparono alle successive rivolte antizariste in Russia, fino alla Rivoluzione Sovietica e oltre. La nave venne impiegata nella Prima guerra mondiale e si unì poi alle forze bolsceviche, fu irreparabilmente danneggiata dalle forze controrivoluzionarie e smantellata nel 1925, proprio alla vigilia dell’uscita del film che l’avrebbe resa celebre in tutto il mondo.

Ma quanti sanno che quella nave da battaglia, concepita per le attività della Marina militare dell’impero russo nel Mar Nero deve il suo nome a Grigorij Aleksandrovič Potëmkin, principe di Tauride, che creò la flotta imperiale sotto il regno della zarina di tutte le Russie Caterina la Grande?

Nato nel 1739 in una famiglia di nobili proprietari terrieri,

Potëmkin (il cognome si pronuncia Potjòmkin) era figlio di un maggiore in congedo della provincia di Smolensk. Rimasto orfano a 7 anni, venne allevato dalla madre. Studiò prima con gran profitto all’università di Mosca, facendo nello stesso tempo il servizio militare, ma venne licenziato nel 1760 per scarsa frequenza alle lezioni e si trasferì a Pietroburgo col grado di sergente maggiore. 

Il biografo Vasilij Ogarkov lo descriveva così: «Non molto alto, aveva una corporatura ben proporzionata, muscoli possenti e un bel torace. Naso aquilino, fronte alta, sopracciglia splendidamente arcuate, begli occhi azzurri, una carnagione splendida, con un delicato rossore; morbidi capelli ricci biondo chiaro, denti dritti, tanto bianchi da abbagliare». Potëmkin non aveva solo un bell’aspetto. Era un uomo forte e non aveva paura delle difficoltà: “Conosco le difficoltà, ma amo lavorare con le persone che le superano”, disse una volta. 

E il diplomatico austriaco Charles Joseph de Ligne sottolineava: “È molto coraggioso; si ferma sotto gli spari e dà tranquillamente ordini. Si preoccupa quando il pericolo sta per arrivare, ma poi, quando ci è in mezzo, sembra divertirsi, e quando il pericolo manca, ne sente la nostalgia… Con i generali parla di teologia, con i vescovi della guerra”.

La sua partecipazione al colpo di stato che portò sul trono Caterina II non è molto chiara.

Ma è assodato che ricevette allora una gratificazione e conobbe personalmente l’imperatrice, diventandone il favorito. In tutti i sensi. Tanto che per molto tempo vissero nel Palazzo d’inverno proprio come marito e moglie. Le camere private di Potëmkin erano direttamente sopra la camera da letto dell’imperatrice. Solo lui poteva entrare in qualsiasi momento senza invito. In alcune lettere, lei si rivolse a lui con “Mio caro marito”, e si definì “moglie”, e “coniuge”.

Il nome di Potëmkin è strettamente legato alla storia della Crimea ed è per questo che oggi si riparla di lui.

Dopo la vittoria sull’Impero ottomano nel 1774, il Khanato di Crimea fu dichiarato Stato libero. Nel corso di molti anni di negoziato, i russi riuscirono senza sangue a convincere i turchi e la popolazione della Crimea dell’annessione della penisola alla Russia. Nel 1783, Grigorij Potëmkin sulla cima piatta del Monte Ak-Kaya prestò giuramento di fedeltà alla corona russa con la nobiltà di Crimea e la gente del popolo.

Elevato al rango di feldmaresciallo, quattro anni dopo portò l’imperatrice 57enne in Crimea. Un evento incredibile perché l’intera Corte si spostò con Caterina. Il corteo imperiale composto da circa tremila persone era formato da 14 carrozze, 124 carri con tendone e 40 carri della scorta.

Caterina si spostò in una carrozza da 12, trainata da 40 cavalli, accompagnata da cortigiani, servi e rappresentanti di missioni diplomatiche straniere. Il percorso dell’imperatrice (iniziato in inverno) fu illuminato praticamente per tutta la lunghezza da fiaccole e botti ardenti. In tutte le tappe principali, fu accolta dai governatori generali e in Crimea l’imperatore del Sacro Romano Impero Giuseppe II d’Asburgo-Lorena si unì a Caterina. L’imperatrice trascorse 12 giorni in Crimea.

Dopo questo viaggio, la zarina concesse a Potemkin il titolo di Principe della Tauride.

Secondo alcune cronache, per impressionare Caterina la Grande e il suo entourage Potëmkin fece costruire dei villaggi fittizi di cartapesta – abitati da felici contadini altrettanto finti – che venivano montati e poi smontati frettolosamente per essere ancora riedificati, sempre un passo avanti lungo l’itinerario delle autorità.

L’aneddoto, vero o falso che sia, svela un “vizietto” utilizzato anche ai nostri giorni a varie latitudini e che i russi sembrano non avere mai perso. Come dimostra la visita nel 2013 di Vladimir Putin alla città russa di Suzdal. Per l’occasione, le facciate delle case più malandate vennero ricoperte da grandi manifesti con porte e finestre finte stampate sopra.

Perché, si sa: la “disinformatija” viene da lontano… 

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