Nel solco dell’emergenza:
quando si sciolse oltremonte
la folle cometa agostana
nell’aria ancora serena– ma buio per noi, e terrore
e crolli di altane e di ponti
su noi come Giona sepolti
nel ventre della balena –ed io mi volsi e lo specchio
di me più non era lo stesso
perchè la gola ed il petto
t’avevano chiuso di colpo
in un manichino di gesso.Nel cavo delle tue orbite
brillavano lenti di lacrime
più spesse di questi tuoi grossi
occhiali di tartaruga
che a notte ti tolgo e avvicino
alle fiale della morfina.L’iddio taurino non era
il nostro, ma il Dio che colora
di fuoco i gigli del fosso:
Ariete invocai la fuga
del mostro cornuto travolse
con l’ultimo orgoglio anche il cuore
schiantato dalla tua tosse.Attendo un cenno, se è prossima
l’ora del ratto finale:
son pronto e la penitenza
s’inizia fin d’ora nel cupo
songulto di valli e dirupi
dell’altra Emergenza.Hai messo sul comodino
il bulldog di legno, la sveglia
col fosforo sulle lancette
che spande un tenue lucore
sul tuo dormiveglia,il nulla che basta a chi vuole
forzare la porta stretta;
e fuori, rossa, s’inasta.
si spiega sul bianco una croce.Con te anch’io mi affaccio alla voce
che irrompe nell’alba, all’enorme
presenza dei morti; e poi l’ululo
del cane di legno è il mio, muto.

MONTALE ballata scritta in una clinica
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