Il suo nome era… Nguyễn Sinh Cung (che in vietnamita significa “colui che è vittorioso”), non Cerutti Gino. Ma lo chiamavan Hồ Chí Minh, vale a dire “Portatore di luce”, pseudonimo di battaglia del fondatore nel 1941 della Lega per l’Indipendenza del Vietnam, colonia francese.
Forse non tutti sanno però che qualche anno prima, anziché la luce della rivoluzione, portava i piatti in tavola agli avventori di una storica trattoria milanese. Il futuro presidente della Repubblica Democratica del Vietnam, che avrebbe guidato il Paese durante la Guerra del Vietnam fino al 1969, anno della sua morte, infatti, durante gli anni delle sue peregrinazioni in giro per il mondo nel 1933 capitò anche a Milano.
Le notizie storiche informano che il piccolo Nguyễn Sinh Sắc proveniva da una famiglia povera ma non indigente: il padre era un funzionario e uno studioso del confucianesimo, oltre che un anticolonialista. Nguyễn Tất Thành ricevette un’educazione occidentale e frequentò il liceo francese di Huế, ma quando il padre per le sue idee politiche fu espulso dalla pubblica amministrazione decise di partire in cerca di lavoro.
Il 5 giugno 1911 lasciò per la prima volta il Vietnam a bordo del piroscafo francese Amiral-Latouche Tréville, dove era stato assunto come aiuto-cuoco. Viaggiò in incognito sotto il nome Van Ba e sbarcò a Marsiglia. Durante la permanenza in Francia lavorò come addetto alle pulizie e cameriere, trascorrendo la maggior parte del tempo libero nelle biblioteche pubbliche.
Diventato nei due decenni successivi un rivoluzionario a tutti gli effetti, votato alla causa indipendentista, nel giugno del 1931 venne arrestato a Hong Kong dalla polizia britannica per attività sovversiva e la Francia ne chiese l’estradizione. Nel gennaio del 1933, liberato, riprese le sue missioni e per un certo periodo abitò proprio a Milano, in una caratteristica casa popolare di ringhiera tra viale Pasubio e via Maroncelli, a pochi metri da quella zona che stava cominciando a diventare la Chinatown meneghina.
Viveva al piano superiore dell’edificio e lavorava come cuoco (secondo altri come cameriere) in viale Pasubio 10, in quella che ancora oggi si chiama “Antica Trattoria della Pesa”, al piano terra presso la signora Calatti, all’epoca proprietaria del ristorante. Eventualità del tutto plausibile, perché già nel 1915 a Londra all’hotel Carlton il futuro grande condottiero vietnamita era diventato chef pasticciere sotto la guida del famoso cuoco Auguste Escoffier.
Di sicuro c’è che il locale conserva ancora all’interno un ritratto giovanile del futuro presidente vietnamita e che all’esterno c’è una lapide che recita: «Questa casa fu frequentata dal presidente Hồ Chí Minh durante le sue missioni internazionali negli anni ’30 a difesa delle libertà dei popoli. Nel centenario della nascita 1890-1990». Ricordo storico sancito in anni recenti dalla visita guidata che Silvio Berlusconi fece fare nel dicembre 2009 in viale Pasubio all’allora presidente vietnamita Nguyen Minh Triet.
“Zio” Hồ (Bác Hồ, come lo chiamano affettuosamente ancora oggi i nordvietnamiti), non rimase però molto a Milano tra i tavoli o ai fornelli della Pesa, visto che qualche anno dopo, nel 1938, lo ritroviamo in Cina consulente dell’armata comunista cinese di Mao Tse-Tung.
Il resto di lui è noto, dalla salma imbalsamata conservata nel mausoleo di Hanoi al nome dato in suo onore nel 1975 alla conquistata città di Saigon.
Manca solo un particolare: chissà se gli piacevano il risotto e la cotoletta alla milanese.
Marina Moioli