È la schiena più famosa del mondo, ammirata tanto dagli uomini che dalle donne. Quella schiena che s’improvvisa violino, grazie all’arte assurda e visionaria di Man Ray. Così Kiki de Montparnasse diviene immortale. Lei, che è irriverente icona. Duttile, magnetica. E pronta ad azzannare la vita che le sta intorno. Vuole saziarsene fino a non poterne più.
Nasce poverissima. E d’una bellezza insinuante. Stordisce. Sarà la sua corona. Le darà di diritto quel nome: la Reine de Montparnasse, la Regina di Montparnasse. Musa di Hemingway (Papa lo chiamerà sempre), modella di Modigliani, Soutin, Foujita, amica di Cocteau, amante di Man Ray, Alice Ernestine Prin, per tutti Kiki, sfodera presto gli artigli dell’oca giuliva, della gatta sul tetto che scotta e si lancia, nell’empireo ipnotico della Parigi bohémienne, senza alcun paracadute.
Nata nel 1901 a Châtillon-sur-Seine da madre single, si direbbe oggi, allora bollata come figlia di N.C., viene lasciata in campagna dalla nonna con i suoi cinque fratelli. Studia poco e male, si annoia. Magra per la fame, comprende presto che il corpo è despota, padrone. E strumento mirabile. A dodici anni raggiunge la madre a Parigi e a quattordici incontra l’arte. Un’arte di cui lei stessa è motore.
Posa, nuda, seminuda, vestita, in ogni modo in cui le venga domandato. S’ingegna, s’impegna a renderlo più invitante. Così imbottisce il reggiseno di stracci, ritocca le ciglia con i fiammiferi usati e si mostra, pur di racimolare quello che serve a riempire lo stomaco. E il desiderio anche.
Al corpo Kiki si rimette, e sottomette. Ne fa il Grande Sovrano. Ma come ogni favorita di visir impara a comandarlo senza che quello che se ne avveda.
Quando la madre scopre che si sveste per denaro, la minaccia e la caccia. Di nuovo, come appena nata. Qualcosa accade, ma resta nel buio. Eppure dopo, di lei si perde la continuità delle tracce, la storia si frammenta. Quella dei fatti almeno. Non quella del desiderio. Che lei saprà scatenare nella Parigi colta e maledetta di quegli anni. Orchestrare anche, nel paradigma della donna perduta, capace, con un colpo del suo famoso e osannato culo, calamitare senza misura.
Modella preferita di Modigliani, gli verrà “rubata” da Man Ray. Lui, che s’imbarca in America per raggiungere il miraggio Parigi, sollecitato dall’ammirazione per Duchamp, che lo invita ad unirsi al gruppo, cova progetti meravigliosi. La vede, è seduta a un tavolino di caffè francese, se ne invaghisce subito. La invita a bere Porto. Parlano fitto fitto. Nemmeno quarantotto ore e sono coppia fissa.
La leggenda vuole che, quel giorno, in realtà, Kiki fosse con un’amica e stesse discutendo con il cameriere che si era rifiutato di servirle. «Perché?», stava chiedendo Kiki, «crede forse che siamo due puttane?». Quindi, sfacciata, sfila le scarpe, posa un piede sul tavolo, l’altro sulla sedia.
Poco distante un uomo osserva la scena. Un americano. E quell’uomo è il fotografo Man Ray.
Le chiederà subito di posare per lui.
È una passione che infiamma, e la travolge, facendole esplodere, nella mano, l’arma stessa di cui è stata artefice. Man Ray è folle di gelosia, umorale, violento, la picchia davanti a tutti. Ma è quell’amore che è violento. Lei risponde con calci e lanci di bicchieri, stoviglie. Si riappacificano sempre. Durerà sei anni.
«Je mords ta bouche jusqu’au sang», gli scrive in una lettera del 1921, poco dopo l’incontro. Mordo la tua bocca fino a farla sanguinare, ma ammette: «et je me grise de ton regard indifférent et bien méchant». Così si ama, nella Parigi degli Anni Venti, a Montaparnasse. Così si cuce, tra scatti, sperimentazioni, dadaismo, miseria, alcol e sesso, il mito.
Non poteva essere semplice. Nulla. E come il mito vuole, molti degli episodi che la riguardano sono avvolti nel dubbio, forse verità, forse menzogna. Una confusione che a lei piace, e che alimenta.
Lo farà quando scriverà le sue memorie, Souvenirs (a soli 28 anni, già conscia che la vita stava sfumando e sarebbe scivolata via come una farfalla?).
Accennerà a una fuga adolescenziale in America, ci saranno vari ricoveri, per questioni cardiache, almeno così dichiarate, arresti e notti in cella per risse nei bar.
L’autobiografia in Francia verrà pubblicata nel 1929. Negli Stati Uniti ne sarà proibita la diffusione fino 1996. La censura dirà: linguaggio scabroso e contenuti marcatamente anti-borghesi.
L’introduzione gliela scriverà Hemingway: «Se siete stanchi dei libri scritti dalle signore della letteratura per entrambi i sessi, questo è un libro scritto da una donna che non è mai stata una signora. Per quasi dieci anni è stata a un passo dal diventare quella che oggi sarebbe considerata una Regina, il che, naturalmente, è molto diverso dall’essere una signora».
E questo non lo nasconde, Kiki, si spoglia anche sulla carta. Coerente. Esagerata. Non tradirà se stessa. Dal primo morso di quell’eccesso che sta dentro il corpo, e l’arte, e il terrore, la paura, non farà un solo passo indietro. Qualunque costo imponga. Non è brava a far di conto, se ne frega. «Ho solo bisogno di una cipolla, un tozzo di pane e una bottiglia di vino rosso, e troverò sempre qualcuno che me li offre».
Tant’è: prende la rincorsa e via. Anche quando, novella Icaro si avvicinerà troppo al sole, aspetterà che le ali si squaglino e di precipitare. Farà parte della storia, e, con lo stesso sfrontato coraggio con cui ha accolto tutto il resto, accetterà lo sfacelo. Lei, splendida e desiderata, a 33 anni peserà 80 chili.
Distruggerà il corpo, lascerà che affiori l’indicibile assorbito in segreto, e d’un tratto lo esporrà, come un museo d’orrore e rimpianto, come una litania che dalla giovinezza d’amore la spinge dritta in un luogo che non conosce. Quello senza desiderio acceso, d’una sorta di anonimato.
Ma niente muore o tramonta, d’una icona. Lo dimostrano gli scatti di Man Ray, la pellicola sperimentale che la vedrà al centro, firmata Man Ray e Fernand Léger, i ritratti di Modigliani.
Si sfilerà dal ruolo di solo oggetto, però.
Contribuirà a sua volta a far di sé un personaggio, con quelle piccole, strane leggende, che la vedono lavorare al Jockey, un locale notturno dove ballava il can-can e cantava canzoni di dubbio gusto, mentre, ubriaca, immemore delle parole dei testi, saliva su un tavolo e con la testa in giù alzava le gambe. Mostrando a tutti che lei non portava mai le mutande.
È la sua parte più autentica, questa nudità. Magnetica e fragile, forza e al contempo rovina. Perché le dimostrerà di non essere corazzata verso il mondo.
Finirà presto, troppo presto. Morirà a Parigi nel 1953 per complicanze dovute all’abuso di alcool e droghe. Non quello di un’epoca, invece, e di una mitologia che ancora aleggia sul quartiere di Parigi.
Una curiosità: nel 2007 Catel&Bocquet le hanno dedicato un volume di B.D., bande dessinée, fumetti, anzi meglio detta graphic novel. Ha scalato la classifica francese con una rapidità sorprendente, restando in vetta per mesi. Tanto che nel 2016 l’editore ha proceduto a una richiestissima ristampa.
Sbalza nel bianco e nero il ritratto della degna ava della sensualissima Valentina di Crepax che spopolò nell’immaginario di un’intera generazione di maschietti alle prese con le donne “cattive”, libere, ribelli e impenitenti. Ma quelle vere, non per moda o istinto di emulazione.
Quelle che tanto degli eccessi non potrebbero fare a meno, nemmeno se volessero. E noi, tutte noi, magari in segreto, con loro!
Per saperne di più:
Il film di Man Ray e Fernand Léger
https://www.youtube.com/watch?v=m6UijAIzByE
il fumetto
http://www.lafeltrinelli.it/libri/joselouis-bocquet/avventure-kiki-de-montparnasse/9788861580749
http://www.bedetheque.com/BD-Kiki-de-Montparnasse-61755.html
il libro
http://www.lafeltrinelli.it/libri/kiki-de-montparnasse/memorie-una-modella/9788869445484
Se ti piace leggi anche: Nottambuli
Silvia Andreoli