In Italia erano pochini a conoscere l’arte e la vita di Natalia Goncharova prima della grande mostra che Palazzo Strozzi le ha dedicato lo scorso autunno. Eppure è stata uno dei più straordinari talenti artistici del Novecento. E da enfant terrible dell’avanguardia futurista, anche la prima figura femminile ad imporsi nel panorama internazionale con la fama di essere un’artista “scandalosa”.
A Mosca diventò una star fin dal 1913, ai tempi della gloriosa personale allestita al salone Artistico di Klavdia Mikhailova in via Bolshaya Dmitrovka con circa 800 opere tra dipinti, acquarelli, sculture, pastelli, disegni per il teatro, tessuti, figurini di moda e carte da parati realizzati in dieci anni di carriera. Un recensore dell’epoca descrisse così la scena: «Un vernissage di straordinario successo. Sale affollate, pubblico bohémien, sguardi sconcertati e sorrisi confusi di chi è perplesso, lo “spirito” ironico e arrocante del blasé, due o tre importune personalità futuriste in cerca di attenzione con indosso giacche color arancio e garofani intrecciati nei capelli, Goncharova che arrossisce felice…». Un successo clamoroso per l’epoca, visto che i visitatori furono addirittura 12mila. Quel trionfo la consacrò come figura carismatica seppur controversa. Tre anni prima, infatti, aveva subìto un processo, con l’accusa di offesa alla morale e di pornografia per aver esposto nudi femminili. Ne uscì assolta, e da quel momento diventò un’icona.
Natalia era nata il 3 luglio 1881 in una famiglia benestante, discendente di un fabbricante di vele, Abram Gonchar, favorito di Pietro il Grande.
Ai discendenti la zarina Caterina aveva concesso il titolo nobiliare e una prozia di suo padre, sua omonima, fu la causa della morte in duello di Aleksandr Pushkin. La sua condizione privilegiata però le andava stretta e nel 1901 la futura artista si iscrive alla Scuola di pittura, architettura e scultura di Mosca dove incontra Mikhail Larionov, compagno di studi destinato a diventare il compagno di tutta una vita. Un sodalizio amoroso e professionale che supererà i decenni e i tradimenti reciproci. «È la mia coscienza nel lavoro, il mio diapason… Siamo molto diversi, ma lui è capace di vedermi come se fosse all’interno di me. Come io vedo lui», confiderà lei.
In poco tempo l’artista diventa quello che oggi chiameremmo un’influencer: le sue mise eccentriche, i suoi modi ricercati, le sue ideazioni da stilista sono seguite dal mondo moscovita d’avanguardia e intellettuale. Tanto che Larionov conia per lei il termine “tuttismo”. In sostanza, voleva dire che Natalia era un’artista eclettica, che traeva ispirazione da tutto, era pronta a cogliere le novità, ma era anche forte nello stile, unica nel linguaggio, geniale nelle soluzioni. Di lei Djaghilev diceva: «Questa donna trascina tutta Mosca e tutta San Pietroburgo dietro di sé; non si imita solo la sua opera, ma anche la sua personalità». Ad aiutarci a capire chi e come fosse la Goncharova c’è anche questa dichiarazione attribuita al pittore Ardengo Soffici, che la descrive «di grande ingegno, non bella, gradevolissima, alta, vestita alla diavola, indolente, silenziosa, misteriosa, russa in toto».
Nel 1914 ritroviamo Natalia a Parigi, come scenografa acclamata dell’opera-balletto di Sergei Diaghilev Le Coq d’Or.
E proprio la capitale francese, dopo un lungo tour europeo al seguito dei Balletti Russi di Djaghilev, diventerà il definitivo rifugio per la Goncharova e Larionov, che a causa della Rivoluzione d’ottobre non torneranno mai più in Russia. Una lontananza certamente sofferta. Nel 1928, parlando con la poetessa Marina Tsvetaeva, Natalia confesserà: «Per tutta la vita ho amato la campagna, e vivo in città…. Volevo andare in Oriente, sono finita in Occidente…». Ma nel 1938, a seguito dell’annessione dell’Austria da parte di Hitler, chiede e ottiene la naturalizzazione francese.
Con il passare degli anni, Natalia sperimenta altre forme d’arte: si cimenta come attrice, diventando la prima donna a ballare il tip tap in un film, si dedica all’illustrazione di libri e alla decorazione teatrale. Anticonformista in una società fortemente conservatrice, non esita a dichiararsi femminista: «Dovete credere di più in voi stesse, nei vostri sforzi e nei vostri diritti prima del genere umano e di Dio; credete che tutti, donne comprese, hanno un intelletto a forma e immagine di Dio».
Sfidando la morale pubblica, Goncharova e Larionov convissero per cinquant’anni more uxorio ma la loro fu una coppia apertissima, senza segreti né gelosie.
Si sposeranno nel 1955, solo per garantire a chi fosse sopravvissuto il lascito artistico dell’altro. Molti anni prima Larionov si era invaghito di Alexandra Tomilina, sua modella e poi segretaria. Natalia invece aveva fatto coppia fissa con un esule politico russo, lo scrittore Orest Ivanovich Rosenfeld. E se questo legame si spezza perché Orest si sposa, la Tomilina finisce per trasferirsi in rue Jacques Callot 16, in un appartamento dello stesso edificio dove abitano Natalia e Mikhail, diventando, di fatto, la loro governante. Nel 1946 la Goncharova scrive: «Non sono gelosa di Alexandra, è una buona persona, la rispetto e ammiro il suo fascino, anche lei non è gelosa di me».
Nel 1950, mentre è a Londra con una compagnia di danza, Larionov è colpito da un ictus che gli provoca la paralisi della mano destra. Natalia lo raggiunge, ma le spese per le cure necessarie determinano il dissesto delle loro finanze; per sopperire alle difficoltà riprende il lavoro di illustratrice di libri ed è costretta a vendere alcune opere ai musei. La salute della pittrice, che soffre di artrite reumatoide, comincia a declinare e, con l’intento di non veder dispersa la loro eredità artistica, i due decidono nel 1955 di sposarsi. Con loro c’è sempre la fedele Tomilina, ormai diventata “badante” di entrambi.
Natalia muore il 17 ottobre 1962 e viene sepolta secondo il rito ortodosso a Ivry-sur-Seine.
Un anno dopo Larionov, nella casa di riposo in cui vive a Fontenay-aux-Roses, sposa in seconde nozze Alexandra Tomilina. Sarà quest’ultima a ereditare tutto il lascito culturale della copia, destinato allo Stato sovietico. Alla sua morte, avvenuta nel 1987, anche le sue ceneri vengono inumate nel cimitero di Ivry-sur-Seine nella stessa tomba di marmo grigio con i fregi dorati. Una semplice tomba a tre per tre persone unite come non mai nella vita e nella morte.
P.S. Nel 1989 il governo francese si accaparra alcune opere a copertura delle tasse di successione ma la gran parte delle collezioni Goncharova-Larionov si trova alla Galleria Statale Tretyakov di Mosca, che conserva 413 quadri, 6.924 opere su carta, fotografie e materiali d’archivio.
Per saperne di più c’è il documentatissimo catalogo della mostra di Palazzo Strozzi dedicata a Natalia Goncharova (edito da Marsilio, pagg. 224, 40 euro)