“Mia sorella, mia amica, mia amante”, e poi “mia sacra bambina”, e ancora “mio essere”, e infine “mia Eternità”.
Questo Paul Éluard, il più celebre e osannato poeta surrealista che per lei scrisse i suoi versi più intensi.
“Amo Gala più di mia madre, più di mio padre, più di Picasso e perfino più del denaro”.
Questo Salvador Dalì, il più folle e visionario artista surrealista, che a lei dedicò decine di quadri, arrivando addirittura a firmarli con il suo nome.
Sorge allora spontanea la domanda: come può una donna scatenare un amore così? E nel caso, non uno, ma due. Perché entrambi l’amarono di un sentimento infinito, totale. Assoluto. Il pittore fino alla fine della sua vita, avvenuta sette anni dopo la morte dell’adorata moglie; il poeta anche dopo essere stato lasciato per Salvador Dalì.
Gala, ma belle petite fille chérie,
Il fait que domain je me marie me plonge tout bêtement dans les abîmes de mélacolie… Mais chaque nuit, je rêve de toi, tuoi nude… je me réfugie dans mes souvenirs, dans mes vieux désirs…”
(Gala, mia bella piccola amata ragazza, il fatto che domani io mi sposi mi getta stupidamente negli abissi della melanconia… Ma ogni notte io sogno di te, di te nuda… mi rifugio nei miei vecchi desideri…
)
È il 1934 e Paul Éluard sta per sposare Maria Benz, la bellissima “Nusch” che incanterà anche Pablo Picasso.
Eppure.
Non è questione di bellezza, perché Gala non è certo più bella di questa giovane creatura e neanche delle tante donne che gravitano intorno agli uomini che l’amarono per tutta la vita.
Eppure.
Doveva avere qualcosa di raro, questa donna. Qualcosa.
Di origine russa, si chiamava Elena Dmitrievna D’jakonova ed era nata a Kazan il 7 ottobre 1894.
Nel 1912 conosce il non ancora Paul Éluard (faceva Grindel di cognome) in un sanatorio in Svizzera: lei soffre di tubercolosi, lui di emottisi. S’innamorano. E lui, per lei, diventa poeta e l’anno successivo le dedica la sua prima raccolta di poesie.
In piena Grande Guerra, lei attraversa l’Europa, raggiunge Parigi e si sposano. E insieme entrano nel giro di André Breton, il padre del Surrealismo, già una star.
Lui è stimato per il suo lavoro poetico, lei conquista tutti, ma proprio tutti: da Man Ray a Robert Desnos, da Giorgio De Chirico ai più ricchi galleristi parigini, da Elsa Schiapparelli a Max Ernst. Con il quale tradirà Éluard.
Eppure.
Sono amici Ernst e il poeta, e poi rivali e di nuovo ancora amici, o forse solo accomunati dallo stesso sentimento per lei, quell’amore così privo di confini che li vede lavorare insieme a un’antologia di poesie scritte da Éluard e illustrate dal pittore tedesco. Per lei.
Nel 1929 il poeta le dedica L’amour la poésie e poco dopo lei lo lascia.
È agosto e la coppia, con René Magritte e signora, si reca a Cadaques in visita da un giovane pittore scoperto da Mirò. Ha solo 25 anni, si veste in modo strano, ma non porta ancora gli improbabili baffi a manubrio che ne faranno un’icona, ed è bello, di una bellezza sottile ed esangue, tormentato da disagi mentali che ne faranno la grandezza. Salvador si presenta a torso nudo, ornato solo da un filo di perle e un garofano. Poche ore, e si scopre “furiosamente innamorato”, e tale resterà per tutta la sua vita. Le regalerà un castello a Pùbol, lo arrederà con opere d’arte commissionate da Gala e ci farà costruire dentro un mausoleo per ospitare le loro tombe collegate da un foro nascosto, per tenerla per mano anche dopo la morte.
“Io chiamo mia moglie: Gala, Galuchka, Oliva (per la forma del suo volto e il colore della sua pelle);
Olivette, il diminutivo catalano di Oliva, e i suoi derivati deliranti, Olihuette, Orihuette, Buribette, […]. La chiamo anche Lionete (perché appena si arrabbia ruggisce come il leone della Metro Goldwyn Mayer); Scoiattolo, Tapiro, Piccolo negus (perché rassomiglia a un vivace animaletto delle foreste); Ape (perché scopre tutte le essenze che, gettate nel crogiolo del mio cervello, diventeranno il magico miele dei miei pensieri). […] E ancora Campanella di pelliccia (perché, mentre dipingo legge per me ad alta voce, e la sua voce ha il soffice mormorio di una campanella di pelliccia, che mi permette di apprendere quanto, senza di lei, sarei destinato a ignorare.”
Lei lo inventerà, si occuperà dei suoi affari, gestirà i suoi soldi e la sua immagine. Amministrerà la sua follia e la sua amante ufficiale (Amanda Lear).
E intanto Éluard continuerà a scriverle meravigliose lettere d’amore, fino alla morte.
Altra donna, altro giro. Non siamo tra intellettuali raffinati, ma tra rock star. E neanche lei è la donna più bella che gravita attorno a quel mondo.
Eppure.
George Harrison se ne innamorò appena la vide. Ed era già George Harrison. E per lei scrisse Something. E chi non la sa, chiuda pure mollybrown.it.
Eric Clapton impazzì letteralmente per lei. E le dedicò Layla (e anche Wonderful tonight). E chi non le sa, disdica pure la newsletter.
Di chi stiamo parlando? Di Pattie Boyd, modella non delle più celebri e neanche delle più affascinanti, al centro della contesa d’amore più famosa della storia del rock (Harrison e Clapton erano molto amici).
Eppure.
Layla
Yo’ve got me on my knees
(Layla, mi hai ai tuoi piedi)
La implora slow hand.
Something in the way she moves
Attracts me like no other lover
(Qualcosa nel modo in cui lei si muove, mi attrae come nessun’altra amante).
Ci spiega il più bello dei Beatles.
Ed ecco allora la risposta alla domanda: qualcosa. Something. Quelque chose. Alguna cosa. что нибудь.
Gala e Pattie Boyd non sono tra le icone pop più conosciute,
non sono Marilyn, Rita, Liz, Sofia, Diana… donne per le quali basta il nome di battesimo.
Ma ciò che hanno saputo provocare attorno a loro (e per causa loro) è qualcosa che tutti conosciamo bene. Può farsi poesia, pittura, musica, riff di chitarra ma è un’unica cosa. Si chiama passione. Ed è inaffondabile.
Leggi Gala Éluard Dalí – Per Interposti Uomini il libro nuovo di Anna Di Cagno che racconta la vita di questa immensa donna che non ha lasciato nulla di sé.