MOLLY BROWN
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Straordinari

CHIARA LUBICH la semplicità del bene

Sarà il suo anno! Non solo perché inizia, il 3 gennaio, con la fiction televisiva L’amore vince tutto che la Rai dedica alla sua straordinaria avventura spirituale, ma soprattutto perché a 100 anni dalla nascita, dovrebbe essere canonizzata.

Ma chi è Chiara Lubich, una santa moderna?

Sicuramente la promotrice instancabile di una cultura della fraternità tra i popoli, una personalità straordinaria, una donna che è riuscita a creare un movimento internazionale, i Focolari della Carità, che conta oggi più di due milioni di persone nei cinque continenti. Insomma, un’Inaffondabile.

Se Papa Francesco ne parla come di un «luminoso esempio» e Benedetto XVI l’ha definita «donna di intrepida fede, mite messaggera di speranza e di pace», alla Lubich va riconosciuto il merito di parlare a tutti, nel rispetto delle differenze. Una vera maestra di semplicità. «Non devi volgerti indietro ma sempre avanti. La tua vita quello che è stata è stata. Iddio lo sa. L’importante è che non ti sfugga il presente che è solo nelle tue mani», era solita ripetere. E anche che: «Per amare, il cristiano deve fare come Dio: non attendersi di essere amato, ma amare “per primo”».

Quando nasce a Trento, nel gennaio 1920, seconda dei quattro figli di Luigi Lubich e Maria Maronz, viene battezzata con il nome di Silvia.

Il padre è tipografo al giornale Il Popolo diretto da Cesare Battisti, non diventerà mai fascista e per questo la vita in famiglia sarà sempre molto dura. A trasmetterle una fede incrollabile invece è la madre, fervente cattolica.

Ottenuto a 18 anni il diploma di maestra elementare a pieni voti, per le difficoltà economiche della sua famiglia non riesce ad accedere agli studi universitari ma comincia ad insegnare nelle scuole di montagna, in Val di Sole e in Val di Non, poi passa a quella dell’orfanotrofio dei Cappuccini a Cognola di Trento. Sono loro a proporle di entrare nel terz’ordine francescano e da quel momento Silvia pronuncia i voti di povertà, castità e obbedienza e diventa Chiara, in omaggio alla santa di Assisi.

Il 7 dicembre 1943, alle 6 del mattino, durante una cerimonia alla quale presenziano solo lei e il sacerdote, fa voto di totale e perpetua consacrazione a Dio.

Lungi da lei il pensiero di fondare qualcosa, semplicemente “sposava” Dio: «La gioia di quel giorno era inspiegabile, segreta, contagiosa», dirà in seguito.

Un momento decisivo per questa scelta di vita era stata l’esperienza vissuta nel 1939 durante un ritiro al Santuario della Santa Casa di Loreto. Entro quelle mura, tradizionalmente considerate l’abitazione della Sacra Famiglia, si sente quasi “schiacciata” da qualcosa di nuovo e di divino. Le lacrime cadono incontrollate. L’ultimo giorno di quel ritiro, vedendo la chiesa gremita di giovani, viene quasi folgorata da un pensiero mai più dimenticato: «Sarai seguita da una schiera di vergini».

Ma è sotto le macerie dei bombardamenti che Chiara trova la sua vocazione.

Quella di una donna che ha incontrato Dio più nell’azione che nella mistica e nell’attività contemplativa. L’attrice Cristiana Capotondi, che le presta il volto nella fiction Rai, l’ha capito bene: «Ciò che contraddistingue maggiormente Chiara Lubich è la semplicità, unita a un pizzico di follia. Il movimento dei Focolari comprende due milioni di persone in più di 180 Paesi del mondo e Chiara riusciva a parlare con tutti, faceva già quegli incontri che noi oggi facciamo online, anche se solo in maniera radiofonica, perché sapeva che c’era bisogno di condividere certi valori, In quest’epoca in cui abbiamo smesso di farci domande e non riusciamo nemmeno ad affrontare certe tematiche, la figura di Chiara interpretata laicamente è fondamentale».

All’inizio del movimento fondato da Chiara Lubich ci sono poche ragazze che decidono di seguire la sua strada.

Natalia Dallapiccola, Doriana Zamboni, Giosi Guella, Graziella De Luca, Gisella e Ginetta Calliari, Valeria e Angelella Ronchetti, Bruna Tomasi, Marilen Holzhauser, Aletta Salizzoni e Silvana Veronesi, la guerra non lascia tregua e molte delle loro famiglie sfollano nelle valli di montagna. Ma loro decidono di rimanere a Trento, chi per lavoro o per studio o come nel caso di Chiara, per seguire le persone che cominciano ad aggregarsi a loro. Nell’autunno del 1944 trovano un appartamentino di due stanze al numero 2 di Piazza Cappuccini. Lo chiamano “la casetta”, ed è proprio questo il primo “focolare”.

L’inizio di una grande avventura di vita e di fede.

Ecco come la stessa Chiara ha raccontato quegli anni: «Con la benedizione di mio padre, e mentre loro andavano verso le montagne, io m’avviai verso la città bombardata. Ad un dato punto, ricordo, in Corso 3 Novembre mi è venuta incontro una signora disperata che, prendendomi per le spalle, mi grida: “Quattro me ne sono morti!”. L’ho consolata come ho potuto ed ho compreso, con quella comprensione che non si cancella, che, da allora in poi, al posto del mio dolore per aver lasciato i miei, avrei dovuto portare in cuore quello dell’umanità sofferente. Cercai le mie compagne in via San Martino fra le case e le strade, ridotte a macerie. Erano, grazie a Dio, tutte salve…».
E ancora: «Ricordo che, poiché tutte lavoravamo o studiavamo, nel primo pomeriggio si partiva ognuna con due valigione piene e pesanti per visitare i tre rioni più poveri della città: le Laste, la Portela, le Androne. Era salire su scale rosicchiate dal tempo o dai topi, vecchie e pericolose, in una oscurità quasi completa, in una desolazione che faceva male ai nostri cuori giovani. E magari, eccoci in una stanza oscura e un povero o una povera a letto, priva di tutto. Ma… era Gesù! Si spazzava l’ambiente, si lavava, si consolava, si prometteva in nome di Dio onnipotente…».

Il dramma della guerra non sarà la sola difficoltà da superare per Chiara Lubich.

Come attestano le sue biografie, dal 1945, a Trento, nei confronti di questa “nuova comunità” iniziano a serpeggiare critiche, incomprensioni, pettegolezzi, accuse. Ma nonostante tutto il Movimento si diffonde. E nascono anche le comunità maschili, che seguono la stessa semplice regola di base: «Fai agli altri quello che vorresti venisse fatto a te».

Nato durante la Seconda guerra mondiale per sostenere le esigenze dei poveri, il movimento dei Focolari ha progressivamente accentuato la sua vocazione ecumenica, in nome della fratellanza tra gli uomini, della pace e del dialogo tra i popoli. Il suo scopo è cooperare alla costruzione di un mondo più unito a partire dalla preghiera di Gesù: «perché tutti siano una sola cosa».

Tra gli inizi degli anni Sessanta e la fine degli anni Ottanta i “focolari” si estendono in tutto il mondo, realizzando una trentina di villaggi (il primo dei quali fondato a Loppiano, vicino Firenze, nel 1965).

Ma solo nel 1990 il movimento è stato ufficialmente riconosciuto da Giovanni Paolo II. I focolarini formano sacerdoti “apostoli dell’unità”, capaci di parlare una lingua universale, fondano una casa editrice, organizzano laboratori di fratellanza chiamati “Mariapoli”.

«Viveva in maniera autentica, era cordiale, allegra, arguta, sempre pronta a donarsi al prossimo con rispetto», ricorda chi ha conosciuto questa donna così esile di corporatura, ma con una grande forza che riusciva a trasmettere anche agli altri.

Dopo aver ricevuto premi e riconoscimenti, tra cui il premio per l’Educazione alla pace da parte dell’Unesco nel 1996 e il premio dei Diritti Umani del Consiglio d’Europa nel 1998, Chiara Lubich muore il 14 marzo 2008 a Rocca di Papa, vicino a Roma.

Sulla sua tomba c’è il suo motto: «E noi abbiamo creduto nell’amore».

P.S.
Su www.trentoardente.it si può compiere un immaginario tour dei luoghi più significativi di Chiara Lubich a Trento, guidati dal toccante racconto che lei stessa fece il 10 giugno 2001 parlando nella sua città natale.

 

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