MOLLY BROWN
Image default
Inaffondabili

ARTEMISIA GENTILESCHI: pittrice guerriera

Artemisia Gentileschi fa la sua entrata trionfale nel mondo in un giorno speciale: è il trentesimo compleanno del suo adorato padre.

Orazio Gentileschi de Lomis, pittore caravaggesco trasferitosi dalla natia Pisa a Roma, dove lavora come artista presso le imprese decorative papali, riceve quell’8 luglio del 1593 il regalo più bello: sua moglie Prudenzia partorisce una meravigliosa bambina, che si legherà a lui in maniera particolarmente profonda grazie ad una passione comune, la pittura.

La piccola Artemisia passa tutto il suo tempo nello studio del padre, apprendendo le raffinate tecniche della sua arte: ne carpisce i segreti, comprende gli equilibri delle strutture, le misure e le proporzioni. Diventa una pittrice sopraffina.
Peccato che sia una donna!

Artemisia deve fare molto presto i conti con la mentalità dell’epoca.

Ai suoi tempi la pittura è un’arte riservata agli uomini. Quel suo dipingere è considerato uno scandalo, un’anomalia. Per noi è una femminista ante litteram, ma per l’epoca è un’anticonformista soggetta a molte critiche.

È anche molto bella: lei però non si cura di tutti quegli uomini che le girano per casa e nella bottega del padre, che la ammirano e la riempiono di avances, di proposte oscene.

Lei continua a dipingere ogni volta che può e il padre comprende che un’inclinazione come quella non può essere ignorata: Artemisia meriterebbe di entrare all’Accademia delle Arti di Roma, riservata purtroppo esclusivamente ai pittori uomini. La risposta, infatti, è negativa, Artemisia non viene ammessa.

Orazio sa che la figlia ha bisogno di altri insegnanti che non siano lui e ha una folgorazione, gli viene in mente un maestro delle prospettive, un artista appena giunto a Roma da Livorno, Agostino Tassi.

Un gaglioffo, un imbroglione, “un puttaniere” capace di circuire le persone con il proprio carisma.

Questo è il Tassi, però nessuno pare accorgersene, né Orazio, né sua figlia. Anzi, è uno che dà fiducia ed è molto simpatico. Dipinge in uno strano modo, tutto storto e utilizza il trompe l’oeil e la prospettiva per creare l’illusione di uno spazio tridimensionale su una superficie in realtà piatta. Il fatto di creare illusioni, di dipingere un bel cielo azzurro con tanto di nuvolette su un soffitto, o una statua che non c’è, secondo alcuni critici influenza enormemente la personalità di Agostino: forse il fatto di essere un pittore “bugiardo” lo trasforma in un bugiardo egli stesso. Ma è in gamba, ha un carisma straordinario e con le donne è irresistibile. Artemisia e Agostino Tassi si incontrano: lui fin da subito la guarda con evidente interesse. Lei, invece, spera solo che lui voglia insegnarle ciò che sa.

Agostino inizia a tessere la sua tela attorno ad Artemisia.

Lei è giovane, ha solo diciassette anni, è bella e brucia di passione per la pittura, mentre lui brucia di tutt’altra passione. Quella ragazza deve essere sua. L’occasione si presenta il 6 maggio 1611, quando in casa Gentileschi non c’è nessuno, tranne Artemisia che, in camera sua, sta dipingendo.

Improvvisamente, la porta della camera si spalanca e appare Agostino in uno stato di evidente eccitazione. Artemisia si spaventa, non sa che intenzioni abbia l’uomo: così mente, gli dice che si sente male, che teme di aver la febbre. Lui le risponde che ha più febbre di lei e chiude la porta a doppia mandata.

“Mi buttò sulla sponda del letto, mi mise un ginocchio tra le cosce ch’io non potessi serrarle ed alzandomi li panni, che ci fece grandissima fatiga per alzarmeli, mi mise una mano alla bocca con un fazzoletto acciò non gridassi, poi avendo messo tutti doi li ginocchi tra le mie gambe et appuntandomi il membro alla natura, cominciò a spingere e mi faceva gran male, che per lo impedimento che mi teneva alla bocca non potevo gridare”.

La violenza è inaudita. Sconvolta, Artemisia scoppia a piangere.

Agostino, diventato d’un tratto dolce e affettuoso, la consola e le fa una promessa solenne:

Datemi la mano che vi prometto di sposarvi… voglio serbare sulla bocca il vostro sapore, mio topazio di fuoco, mio velluto nero, mia coppa d’oro, mio veleno!”

Artemisia è confusa: quell’uomo ammaliante la sta chiedendo in sposa. Lei sa bene che il matrimonio è l’unico mezzo per riabilitarsi nella società, per cancellare l’onta. Dovrà sposare Agostino, che l’ha appena violentata.  Si sta domandando se sia giusto, si ribella nel suo intimo a questa sopraffazione.

Ma al tempo stesso è attirata da lui: forse perché è un abilissimo pittore, forse perché la sta corteggiando con maestria, perché più e più volte le promette di sposarla, lei pian piano sostituisce nel suo cuore il rancore e il desiderio di vendetta con qualcosa di diverso. Insomma, decide di non raccontare niente a suo padre.

Gentileschi però, è un uomo intelligente e capisce tutto: invece di arrabbiarsi con Agostino, si immagina subito un miglioramento della sua situazione famigliare. Sogna di aprire con il futuro genero uno studio pittorico più grande, dove far lavorare anche Artemisia.

Peccato che tutti i sogni di quel padre e di quella figlia, oramai innamorata, non si realizzeranno: Agostino Tassi in realtà è già sposato a Livorno con una certa Maria Connodoli. Non solo: è sotto processo per una relazione incestuosa con la sorella di sua moglie.

Per Artemisia è la fine: il mondo le crolla addosso.

Orazio Gentileschi de Lomis chiede giustizia per sua figlia al Tribunale del Sant’Uffizio, il Tribunale della Santa Inquisizione Romana al quale ci si rivolge per questioni legate alla morale, agli abusi sessuali. Agostino si scagiona, dice che lei era consenziente e porta dei falsi testimoni, che però appaiono poco attendibili ai giudici. La situazione si fa via via più ingarbugliata: la violenza c’è stata o no? Se Artemisia era d’accordo non si può parlare di stupro. Per i giudici della Santa Inquisizione c’è un solo modo per scoprire cosa sia successo veramente: la tortura delle Sibille. E non a lui, ma a lei!

Il boia lega le dita delle mani di Artemisia con dei lacci di cuoio che vengono stretti, procurandole un dolore lancinante.

Artemisia sanguina: le sue belle mani, che per una pittrice sono lo strumento della sua arte, saranno compromesse per sempre. Lei ha paura, soffre, ma non può cedere: la verità l’ha detta, Agostino l’ha violentata, le ha promesso di sposarla e nessuna tortura le farà mai ritrattare la sua deposizione. Morirà, piuttosto che perdere il suo onore. Ma, improvvisamente l’Inquisitore la fa liberare: per lui la ragazza sta dicendo la verità.

Agostino Tassi viene condannato per la deflorazione di Artemisia Gentileschi, la corruzione dei testimoni e la diffamazione di Orazio.

Giustizia è fatta. La pena è l’esilio, che però non viene mai reso esecutivo. A lasciare Roma è invece Artemisia, che due giorni dopo la sentenza viene data in sposa al pittore fiorentino Pierantonio Stiattesi, che le restituisce uno status di onorabilità.

La sua vita prosegue in maniera positiva: ha quattro figli e viene ammessa all’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze, prima donna a godere di tale privilegio. Il suo quadro forse più noto è “Giuditta decapita Oloferne” e rappresenta il momento estremo della vicenda della giovane ebrea Giuditta, che salva il suo popolo dall’invasione degli Assiri decapitando il loro generale Oloferne, attirato dalle sue grazie. Un dipinto che mostra un assassinio cruento, un macello così brutale ed efferato da farci domandare:

«Una donna ha dipinto tutto questo?»

Una donna, sì, una grande e coraggiosa donna che ha saputo lottare contro tutti e tutto e ha vinto grazie alla sua straordinaria pittura.

Related posts

KARL MARX non quello del Capitale, l’altro: l’ironico borghesuccio

Carlo Alberto Brioschi

PABLO NERUDA I segreti della sua Chascona

Isa Grassano

FORTUNATO DEPERO splendori e miserie di un artista geniale

Marina Moioli